…Lavorando dunque sulla soglia e sullo statuto effimero dell’immagine bidimensionale scorporata della consistenza degli oggetti materiali di cui Marinelli si fa referente, la tecnica del collage declinata con strumenti tecnologici permette l’incastro e l’affioramento
[Luca Pietro Nicoletti 2019]
La serie è costituita da 20 opere 170X110 stampate su carta EPSON.
Il punto di partenza è la collezione di abiti sciamanici della Fondazione Poggianella. La densità di questi oggetti tocca aspetti spirituali, terreni, funzionali e simbolici che assumono pieno senso e potere all’interno del rito. Quando l’abito è indossato, quando le frange si muovono, l’ala di grifone applicata sulle spalle oscilla, gli specchi sciamanici si attivano ed i sonagli tintinnano, ecco che l’abito si mostra nella sua interezza fugace e potentissima, inevitabilmente legata allo spazio-tempo in cui lo sciamano si muove.
Il lavoro di Andrea Marinelli parte da questo legame vivido tra sciamano, rito e abito, un fulcro che si manifesta totale nell’azione della danza, nel movimento.
La storia, se non è ora, non è.
Il lavoro di Andrea Marinelli sulle collezioni etnografiche come quelle del MUDEC, della fondazione Passarè e con la Fondazione Poggianella contiene proprio questa tensione: ridefinire la nuova funzione dell’oggetto antico che dal vivido utilizzo si chiude in una teca in cerca di rinascita. Qual è il senso di un’etnografia viva? Cosa significa esplorare gli oggetti di una cultura distante per spazio e tempo? Qual è il senso di questi oggetti qui e ora?
Questi quesiti guidano il lavoro dell’artista in una trasversalità tra passato, presente, museo ed oggetto, digitale ed etnografico in condivisione d’intenti con la Fondazione Poggianella.
Marinelli fotografa i vestiti svuotati dallo sciamano mantenendo l’eco del suo movimento; le fotografie sono prima di tutto una esplorazione della funzione dell’abito nell’azione del rito.
Come far rinascere questi oggetti? E’ possibile riassegnarne una funzione? Come questi oggetti possono agganciarsi a nuovi interpreti di un rito, nuovi sciamani, nella cultura digitale?
Marinelli sceglie di associare il primo rinascimento europeo. Una serie di opere scultoree fotografate in Portogallo al Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona diventano l’interlocutore perfetto per questa relazione d’immagine.
La fine del medioevo è il momento in cui la rappresentazione umana timidamente riscopre il movimento. È un atteggiamento per tentativi formali dove le simmetrie iniziano a divaricarsi, gli abiti da simbolo tramutano in corpo, i simboli diventano pretesto per acrobazie ed equilibrismi nello spazio dell’opera, l’abito ed i drappeggi prendono il centro della scena. Il periodo stesso è di transizione, di movimento.
Le 20 opere sovrappongono abiti e statue in una sorta di rivestizione decostruita dove le due immagini non fanno coincidere i soggetti producendo una psichedelica figura rituale che contiene simboli cristiani e sciamanici, corpi senza testa ed abiti vuoti, viscere di vestiti e geometrie essenziali. [A.Marinelli 2017]
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